
Indice dei contenuti
- 1 Una premessa importante: perché manipolare i motori di ricerca non ha più senso oggi?
- 2 La definizione di Black Hat SEO
- 3 Black Hat SEO e Negative SEO: le differenze
- 4 Le principali tecniche di Black Hat SEO
- 5 Cosa succede quando Google rileva attività malevole o di Black Hat SEO?
- 6 Fare SEO e farla bene è un processo che richiede tempo
Black hat SEO, letteralmente, significa “Cappello Nero SEO”. Tradotta in questa maniera la frase sembra non avere molto senso ma, ovviamente, c’è una spiegazione più profonda di cui mi occuperò nelle righe che seguiranno.
In pratica il concetto di “Black Hat SEO” trae origine da una concezione popolare di ispirazione cinematografica. Tutti sappiamo che i personaggi malvagi indossano cappelli neri (black hat) o che, in qualche modo, hanno un collegamento simbolico con l’oscurità ed il colore nero.
Ebbene quando il colore nero è associato alla SEO, significa che ci troviamo dinanzi ad attività oscure, negative e, quindi, contrarie agli standard e alle regole imposte dai motori di ricerca.
A cosa mirano queste attività “oscure”? A semplificare il percorso di crescita di un sito web, a barare e si, anche a creare problemi alla concorrenza. Le attività che rientrano nell’oscuro mondo della Black Hat SEO, quindi, sono scorciatoie malevole che sconsiglio vivamente di considerare. Il perché? Lo spiegherò a breve.
Una premessa importante: perché manipolare i motori di ricerca non ha più senso oggi?
Negli ultimi anni, i motori di ricerca, in particolare Google, hanno fatto notevoli progressi nell’identificazione e nella penalizzazione delle tattiche di Black Hat SEO.
Grazie all’introduzione di algoritmi sempre più sofisticati, infatti, la rilevazione di contenuti di scarsa qualità, duplicati o spam è diventata più efficiente.
Di conseguenza, gli sforzi per manipolare i motori di ricerca hanno meno probabilità di avere successo, e gli autori di queste strategie rischiano pesanti penalizzazioni.
Fare SEO nera aveva un senso agli albori dei motori di ricerca, quando bastava riempire una pagina di parole chiave nascoste agli occhi dei lettori per ottenere un miglior posizionamento. Oggi barare e manipolare gli algoritmi è davvero molto difficile e, i pochi che ci riescono, finiscono per essere scoperti in brevissimo tempo.
So bene che a tutti piacerebbe vedere il proprio sito web posizionato in alto, magari in prima posizione, in tempi brevissimi e con il minimo sforzo. Purtroppo la realtà è ben diversa e, se proprio hai “fretta” di vedere i tuoi contenuti posizionati sopra la concorrenza, tra i primi risultati di ricerca proposti da Google, forse dovresti considerare di integrare la SEO con altre attività, tipo le campagne “Search” con Google Ads.
Fare SEO, infatti, è come piantare un seme, attendere con pazienza che inizi a germinare, tenerlo d’occhio finché non spuntano dalla terra i primi germogli e prendersi cura della piantina appena nata finché non sarà alta, verde e robusta. La SEO è un viaggio, non un’attività che inizia e finisce in un preciso lasso di tempo. È qualcosa che richiede competenza, pazienza e lungimiranza e, quindi, è l’esatto opposto di ciò a cui mira chi fa Black Hat SEO.
La definizione di Black Hat SEO
La Black Hat SEO è l’insieme di pratiche e tecniche proibite volte a ottenere un vantaggio non etico nei motori di ricerca. Queste strategie sono in contrasto con le linee guida dei motori di ricerca e possono comportare sanzioni, come la perdita di posizionamento nelle pagine dei risultati di ricerca (SERP) o addirittura l’esclusione dal motore di ricerca.
Black Hat SEO e Negative SEO: le differenze
Mentre la Black Hat SEO riguarda principalmente l’uso di strategie proibite per migliorare il posizionamento, la Negative SEO è un’azione intenzionale per danneggiare il posizionamento di un concorrente o di un sito web.
La Negative SEO può includere l’invio di link spam o la diffusione di contenuti duplicati per screditare un sito agli occhi dei motori di ricerca.
Le principali tecniche di Black Hat SEO
Esistono tantissime tecniche per fare Black Hat SEO. Qui di seguito ti spiego quali sono le principali ma ti avviso sin da subito che non ti sto invitando a metterle in pratica per almeno tre ragioni:
- Il rischio è maggiore del rendimento
- Bisogna essere estremamente competenti anche per fare black hat SEO.
- Per riparare i danni di una penalizzazione SEO ci vorrà un enorme esborso di denaro e tempo.
Keyword Stuffing
Keyword Stuffing consiste nel riempire il contenuto di una pagina con un numero eccessivo di parole chiave o frasi chiave, senza considerare la leggibilità del testo o la coerenza del contesto.
L’obiettivo è aumentare artificiosamente la rilevanza del sito web per determinate parole chiave, sperando di ottenere un posizionamento più alto sui motori di ricerca. Questa pratica è ormai facilmente individuabile dagli algoritmi dei motori di ricerca, che prediligono i contenuti naturali, ben scritti e pertinenti rispetto alle parole chiave.
Contenuti nascosti, copiati o duplicati
Tramite la creazione di pagine con contenuti nascosti o testo invisibile agli utenti si può pensare di “ingannare” i motori di ricerca. Per farlo è possibile ricorrere all’uso di testo dello stesso colore dello sfondo, font molto piccoli o l’uso di tag di formattazione per nascondere determinati contenuti.
Anche copiare contenuti direttamente da altri siti web o duplicare gli stessi su più pagine del proprio sito rientrano tra le tecniche manipolative. Sono strategie destinate a ingannare i motori di ricerca ma che, anche in questo caso, vengono scoperte e penalizzate in un batter d’occhio.
Spinning
Lo Spinning consiste nel generare testi simili, rielaborati in modo tale che non sembrino copiati ma che, di fatto, lo sono. Questa tecnica mira a ingannare il motore di ricerca proponendo dei contenuti come se fossero originali ma, anche in questo caso, debbo avvisarti che basta un rapido controllo su un software anti-plagio per scovare il plagio.
Rich Snippet Spam
I Rich Snippet sono quei frammenti di informazioni aggiuntive che possono essere visualizzati accanto ai risultati di ricerca, offrendo agli utenti un contesto più ricco sulla pagina web. Talvolta c’è chi ritiene che tali informazioni possano essere manipolate per attirare più click ma chi si muove tramite questa pratica dimentica che, ancora prima dei motori di ricerca, ci sono da considerare le persone. Quando l’anteprima di un contenuto ci spinge a cliccare ma poi ci rendiamo conto di non trovare ciò che stavamo cercando, chiudiamo rapidamente la pagina e ci rivolgiamo altrove…
Cloaking
Il Cloaking consiste nel presentare dei contenuti ai motori di ricerca in modo diverso da quelli visualizzati agli utenti. Google considera il Cloaking come una violazione grave delle sue linee guida e i siti web che utilizzano questa pratica possono essere sanzionati o rimossi dai risultati di ricerca, anche in modo permanente.
Pagine doorway
Le Pagine Doorway sono pagine web create con l’unico scopo di posizionarsi per determinate parole chiave o frasi chiave, ma che non forniscono sostanziali informazioni o valore ai visitatori. Queste pagine spesso includono molti link di ancoraggio che servono a reindirizzare i visitatori verso altre pagine del sito.
Acquisto, scambio e rivendita link
Acquistare, scambiare o rivendere link è un’altra tecnica di Black Hat SEO. Forse ti sorprenderà sapere che tra le linee guida dei motori di ricerca è riportato espressamente che ottenere link tramite transazioni commerciali non è visto di buon occhio.
Allora perché così tante persone investono in Link Building? Perché ci sono dei modi per farlo in modo “sporco” e dei modi per farlo per bene. Io sono schierato tra i professionisti che prediligono una link building pulita e trasparente, sia agli occhi degli utenti che ai bot dei motori di ricerca.
Si può fare Black Hat SEO anche tramite l’uso di link nascosti all’interno del testo di una pagina o nella parte inferiore (footer) del sito. Questi link, non visibili agli utenti, vengono rilevati dai motori di ricerca e possono essere utilizzati per cercare di manipolare il profilo dei link del sito web. Anche questa tecnica poteva avere efficacia in passato mentre oggi non ha più molto senso, soprattutto perché attira rapidamente le penalizzazioni.
Commenti spam
Il Commento spam consiste nell’inserimento di commenti indesiderati contenenti link a siti web all’interno di blog, forum o altre piattaforme di discussione online. Questi commenti non forniscono alcun valore ai lettori e cercano solo di ottenere link in uscita verso il sito web del commentatore. Gli algoritmi dei motori di ricerca sono consapevoli di questa pratica e i link ottenuti da commenti spam non hanno alcuna efficacia sul posizionamento.
Private Blog Network (PBN)
Le Private Blog Network (PNB) sono reti di siti web creati appositamente per fornire link a un unico sito principale. Questa pratica è proibita dai motori di ricerca, soprattutto perché generalmente i siti all’interno di una PBN non forniscono alcun valore reale agli utenti. Al contrario sono gestiti esclusivamente i risultati di posizionamento e, quindi, non piacciono affatto ai motori di ricerca.
Cosa succede quando Google rileva attività malevole o di Black Hat SEO?
Quando Google rileva attività malevole o di Black Hat SEO su un sito web, le conseguenze possono essere anche molto gravi.
Il responsabile può essere soggetto a penalizzazioni molto pesanti, che comportano una significativa perdita di posizioni nelle pagine dei risultati di ricerca. In questi casi il traffico organico del sito diminuisce in modo drastico perdendo visibilità e interesse da parte degli utenti.
In alcuni casi estremi Google può anche decidere di eliminare completamente il sito dal suo indice di ricerca. Questo è noto come “banning” o “de-indexing”, e significa che il sito non sarà più visibile quando l’utente effettuerà una ricerca online. La cosa ancora più grave è che per tornare visibile e “farsi perdonare” da Google, ci vogliono lunghe e costose attività di “riparazione”.
Fare SEO e farla bene è un processo che richiede tempo
I risultati della SEO non sono immediati, salvo rari casi eccezionali. È importante capire che sul web esistono milioni e milioni di siti web simili e, quindi, competere in un mercato non è così facile come potrebbe sembrare.
Si tratta di un processo graduale che richiede pazienza e costanza ma che, soprattutto sul lungo periodo, può portare enormi soddisfazioni e gratificazioni. Inoltre sia Google che tutti gli altri motori di ricerca esaminano di continuo i siti web per determinare la loro rilevanza e qualità, e quindi il posizionamento può variare nel tempo a seconda delle attività dei concorrenti e dei cambiamenti negli algoritmi di ricerca.
Una strategia SEO ben pianificata, quindi, non promette di raggiungere la prima posizione su Google in 24 ore ma scandisce piccoli obiettivi quotidiani da raggiunger e, soprattutto, tiene conto del contesto, della concorrenza e dell’andamento del mercato di riferimento.
Peraltro i motori di ricerca evolvono rapidamente e di continuo, il che significa che, di tanto in tanto, occorre ritoccare la strategia, adeguare il sito web a sempre nuovi standard di qualità e, infine, contribuire ad offrire alle persone un’esperienza di navigazione sicura, pulita e realmente utile rispetto a ciò che stavano cercando.
Questo è il solo, vero, unico modo per piacere a Google e posizionarsi sempre più in alto rispetto alla concorrenza.
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